FILM DA MASTICARE

Fiori di cactus

“Film da Masticare” è una rubrica a cura di Fabio Zanello – giornalista e critico cinematografico

Era era davvero una commedia degli equivoci Fleur de cactus, opera scritta da Pierre Barillet e Jean Pierre Grédy, inizialmente messa in scena nel 1964  presso il parigino Théâtre des Bouffes-Parisiens. Un’occasione davvero ghiotta per il cinema americano, che trasforma  il testo in film grazie al commediografo Abe Burrows, che riscrive praticamente il testo secondo i gusti della cultura di provenienza.

Gene Saks, il regista prescelto per la trasposizione cinematografica, è alla ribalta della comicità dopo un successone come La strana coppia (1968) e così si rinnova anche la complicità con Walter Matthau, già mattatore del suo precedente lungometraggio. Un campionario ben assortito: Matthau è Julian un maturo dentista che ha una relazione tormentata con la giovane Toni (Goldie Hawn, Oscar come miglior attrice non protagonista), ed è adorato dalla sua infermiera Stephanie (un’inedita Ingrid Bergman dai toni leggeri). Julian fa credere a Toni di essere sposato, per non impegnarsi seriamente e chiede a Stefania di spacciarsi per sua moglie, generando così una girandola sentimentale difficile da controllare,  visto che Toni è a sua volta corteggiata dal vicino Igor ( Rick Lenz), uno scrittore squattrinato. Ci sono due sequenze rivelatrici dei rapporti fra i personaggi: l’incontro fra Toni e Stephanie costringe  Julian ad  inventarsi che la moglie ha un amante e Stephanie ne approfitta per farlo ingelosire, poi Julian capitola e si innamora finalmente di Stephanie. Toni alla fine sarà consolata da Igor.

Con il dentista Julian Fiore di cactus ci offre un ritratto di uomo moderno, che dietro alle apparenti certezze dello scapolo, svicolando dal matrimonio, diventa un irregolare e ne subisce le conseguenze. Posizione un pò anarchica forse, ma preziosa perché sofferta. Infatti è dolceamara la comicità del film, poiché mette in scena un malessere che cerca  giustificazione in un esame di coscienza tutto individualistico, di un popolo che nasconde in sé tanti piccoli, infantili,  problemi ma già maturi, da far abbassare le armi ai protagonisti di fronte alla prospettiva di un  amore durevole.