Chi ha paura del dentista al cinema?
Rubrica a cura di Fabio Zanello – giornalista e critico cinematografico
Chi ha paura del dentista? E’ l’interrogativo che turba le coscienze dello spettatore in questi giorni convulsi. A giudicare dal proliferare di film sui dentisti, che tentano di aiutare a superare qualsivoglia tipo di timore. Degli strumenti odontoiatrici, di rimanere soli e imprigionati sulla poltrona, di continuare a soffrire, di dover tollerare il dolore anche dopo un intervento. Questo articolo non è semplicemente un’acquisizione di informazioni ma lo sviluppo di sentimenti e pensieri, che il cinema stesso ha stimolato in me nel corso di anni e anni di visioni. Film facenti parte di cinematografie e nazionalità differenti come “Anche i dentisti vanno in paradiso”, “Captives – Prigionieri”, “Charlot dentista”, “Denti”, “The Dentist”, “FBI: Protezione testimoni”, “Ghost Town” , “Novocaine”, “Il maratoneta”, “La piccola bottega degli orrori” e “The Dentist 2”, Fra i film visti con vivo interesse da chi scrive.
Li nomino un po’ in disordine ma comunque fanno tutti parte dei miei sentimenti e dei miei pensieri e nei prossimi mesi comincerò ad analizzare per voi il maggior numero di films appartenenti al filone odontoiatrico.
La figura del dentista del resto al cinema è stata rappresentata con molteplici sfaccettature. Ma l’assenza di verosimiglianza in alcune sceneggiature non rappresenta un problema per un cinema, che colpisce incessantemente i nostri sensi senza darci il tempo di riflettere. Tanti film da confrontare, certo non è un’impresa facile ma ci è riusciremo. La cultura moderna dalla metà dell’Ottocento fino ad oggi ha fatto parte della nostra vita, anche perché i film che ho citato, sono cambiati e ciascuno di noi a suo modo col passare degli anni ha fatto altrettanto.
LA PRIMA RECENSIONE DELLA RUBRICA “FILM DA MASTICARE”
Posizioni compromettenti (Compromising Positions, 1985) di Frank Perry, a cura di Fabio Zanello
Il dott. Bruce Fleckstein (Joe Mantegna), dentista piuttosto affermato in quel di New York, viene assassinato nel suo studio. La sua paziente ed ex-giornalista Judith Singer (Susan Sarandon) si improvvisa detective, collaborando con il poliziotto Suarez (Raul Julia) per risolvere il caso. Nel corso delle indagini Judith e Suarez scopriranno che il dentista viveva una doppia vita, in quanto seduceva le pazienti e possedeva delle foto compromettenti su queste conquiste femminili.
Posizioni compromettenti oltre ad alternare il registro più leggero (i pettegolezzi sul dentista playboy del vicinato) con quello giallo ha altri meriti non da poco: è un film che opera una seria riflessione sulla deontologia professionale di un medico e di come gli eccessi del privato possano condizionare la vita di un uomo in ogni sua sfumatura .Ma anche su come vengono manipolate le immagini, che abbiamo a disposizione nel quotidiano in anticipo sull’era dei social di oggi.
Il regista Frank Perry (1930-1995), che attraverso inquadrature ricercate ci mostra molti strumenti odontoiatrici soprattutto nei titoli di testa, è stato un esponente di spicco del cinema americano dei Settanta, affrontando spesso tematiche forti come la disabilità mentale in David e Lisa (1962), l’amaro bilancio esistenziale in Un uomo a nudo (1968) , la depressione borghese in Diario di una casalinga inquieta (1970) e il lato oscuro del divismo in Mammina cara (1981).
Il direttore della fotografia Barry Sonnenfeld diventerà a sua volta un regista di successo per film come Men in Black e La famiglia Addams.
Dente per dente
Rubrica a cura di Antonello Saiz – libraio e blogger
Il consiglio di Lettura di questo mese di giugno è un libro divertente e leggero, adatto alla stagione estiva, “DENTE PER DENTE” di Francesco Muzzopappa pubblicato da Fazi Editore.
Il libro pubblicato nel 2017 ha vinto il Premio Massimo Troisi . L’autore è uno tra i più conosciuti e apprezzati copywriter italiani. Per la categoria in cui eccelle, le pubblicità radiofoniche, ha vinto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero. Sempre con Fazi Editore ha pubblicato nel 2013 Una posizione scomoda, nel 2014 Affari di famiglia . Tutti i libri sono stati tradotti in Francia dall’editore Autrement riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico. Heidi è il suo quarto romanzo pubblicato nel 2018.
Nei libri esilaranti di Francesco Muzzopappa si ride parecchio e con intelligenza. Lo humor che pervade opere come questa è molto personalizzato ed è costruito su una raffica di battute garbate e punteggiato da scene ironiche straordinarie. Con un’ironia corrosiva e una storia scandita da scene esilaranti, Muzzopappa torna a dare il meglio di sé in un’inusuale commedia nera, protagonista un tenero quanto agguerrito ragazzo innamorato.
Se Roma ha la GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna), Bologna il MAMBO (Museo d’Arte Moderna BOlogna) e a Napoli c’è il MADRE (Museo d’Arte contemporanea DonnaREgina), a Varese hanno pensato bene di inaugurare il Mu.CO (Museo d’arte COntemporanea). Qui, a detta dei critici, sono esposte le peggiori opere dei più grandi artisti contemporanei. Tra le altre, un orribile Warhol, un Dalí terrificante, due drammatici Magritte e un Duchamp inguardabile. Leonardo ci lavora da tre anni. È un’assunzione obbligatoria: ha perso due dita in un incidente e insieme alle dita anche i sogni. Ha solo una grande certezza: si chiama Andrea, una ragazza molto cattolica, osservante e praticante, che rispetta alla lettera i dieci comandamenti, non dice parolacce e, soprattutto, non fa sesso. Non fa sesso con lui, però, perché Leonardo, sul punto di farle la sua proposta di matrimonio a sorpresa, la scopre a letto con un altro. Da quel momento, la sua vita va in pezzi. Alla disperazione più nera, tuttavia, segue la vendetta. Leonardo decide di rifarsi su Andrea e sui suoi preziosi comandamenti. Li infrange tutti, sistematicamente, uno dopo l’altro.
Il dentista di Auschwitz
Rubrica a cura di Antonello Saiz – libraio e blogger
Il libro consigliato questo mese è “Il dentista di Auschwitz” di Benjamin Jacobs pubblicato da Gingko Edizioni nella collana Le bussolenella traduzione di Alessandro Pugliese.
Il romanzo è la storia di Benjamin Jacobs con il nuovo nome che assunse negli Stati Uniti dove emigrò dopo la liberazione. Un romanzo potente che, con una narrazione semplice e diretta, racconta la brutalità dei campi di concentramento, ma trasmette pure il miracolo della sopravvivenza. Lo scrittore descrive con meticolosità gli orrori del lager. il freddo pungente, la fame costante, l’odore di carne umana bruciata. Ma alla fine è l’istinto di sopravvivenza a prevalere in quel quotidiano inferno grazie alla convinzione che Auschwitz“era diventato un modo perverso di vivere mentre cercava di sopravvivere”.
“5 maggio 1941. Tre vecchi camion attraversano una strada sterrata polacca con a bordo centosettanta ebrei di Dobra, un piccolo villaggio nella regione del Wathegau…E così in una mattinata di primavera di maggio, in cui persino la natura sembra adattarsi alla tristezza del momento, Benjamin e suo padre sono costretti ad abbandonare il ghetto, autorizzati a portare solo un piccolo fagotto ciascuno. Il ragazzo non sa che quei pochi strumenti odontoiatrici avuti nel suo primo anno di formazione universitaria ‒ e che la madre insiste perché si porti assieme agli effetti personali ‒ gli salveranno la vita…”
Questa è la storia di Berek Jakubowicz , uno studente ebreo di odontoiatria che nel 1941 fu deportato dal suo villaggio polacco e trascorse cinque anni nei campi di sterminio nazisti, tra cui Buchenwald, Dora-Mittelbau, e per quasi due anni Auschwitz. Ad Auschwitz, dove entrò in contatto con il famigerato Josef Mengele e assistette alla morte di suo padre, Jakubowicz riuscì a sopravvivere grazie alle sue seppur limitate capacità professionali. Gli fu consentito di esercitare una pratica dentistica primitiva sui detenuti e sugli ufficiali delle SS, così come fu obbligato ad estrarre i denti d’oro dai cadaveri dopo la gasazione. Nel maggio del 1945, con altri 15.000 detenuti, il protagonista partecipò alla marcia della morte verso la Baia di Lubecca, e fu coinvolto nel bombardamento del transatlantico ‘‘Cap Arcona’’ da parte della RAF, nel quale perirono circa 8.000 ebrei. Accolto con favore unanime dalla critica negli Stati Uniti alla sua comparsa, “Il dentista di Auschwitz” parla delle origini del male da una prospettiva unica. Una storia crudele e sconvolgente che serve da monito a tenere viva l’attenzione e la memoria su crimini tremendi. Berek è stato dei pochi sopravvissuti all’orrore dei campi di concentramento e ad anni di sopraffazione, dolore e privazioni.
“Organi atrofizzati giacevano accatastati sul pavimento. Mi feci forza per affrontare il corpo di un uomo di mezza età. I suoi occhi socchiusi mi fissavano, come ad accusarmi del delitto che stavo per compiere. Come cercai di divaricare la sua bocca, sentii la sua gelida pelle. Quando finalmente forzai per aprire, le mascelle si ruppero, e questo mi spaventò. Ogni successivo movimento dentro quella bocca aperta produsse un suono stridente. Immaginai che fosse il suo modo di dire ‘‘no!’’. Mi sentivo come se la morte insorgesse fino a fermarmi. Ogni pezzo d’oro che estrassi mi fece pensare a come loro, i morti, dovessero rimanere scioccati. A volte dovetti fingere, parlare con me stesso, che quello che stavo facendo era normale. Gli strumenti che usavo per quel triste compito li tenevo in una scatola rossa. Perché avessi dipinto la scatola in quel modo, non saprei dirlo. La maggior parte dei detenuti che mi vedevano camminare verso l’obitorio con quella cassetta, sapevano cosa andavo a fare, e non lo ritenevano insolito. Mio padre e mio fratello, anche loro sapevano. Ora avevo abbastanza oro per i ponti degli uomini delle SS e per le capsule”.
Denti bianchi di Zadie Smith
A cura di Antonello Saiz – libraio e blogger
Il libro suggerito oggi è Denti Bianchi, lo straordinario esordio di Zadie Smith. Si può fare riferimento al titolo del libro, ai Denti, per parlare di tematiche importanti come l’integrazione. Romanzo potente, Denti Bianchi di Zadie Smith. Tanto potente che non sembra affatto un libro d’esordio.
Quando nel 2000 Denti Bianchi è stato pubblicato in lingua inglese Zadie Smith aveva appena 23 anni. Nata a Londra nel 1975 da padre inglese e madre giamaicana scrive questo romanzo che l’ha posta immediatamente nel pantheon della letteratura contemporanea. Ha pubblicato inoltre L’uomo autografo (2004), Della bellezza (2008, Orange Prize), NW (2013), L’ambasciata di Cambogia (2015) e Swing Time (2017). Già docente ad Harvard e alla Columbia University, insegna Scrittura creativa presso la New York University.
L’attesa intorno a questo primissimo romanzo era fortissima ancor prima che del libro fosse pronto anche solo un capitolo. Il suo agente letterario e un editore ne avevano con grande lungimiranza intravisto il grande potenziale e la Smith, all’epoca studentessa del King’s College di Cambridge, non ha tradito le aspettative imponendosi nel giro di pochi anni come una delle più interessanti giovani voci del panorama letterario e intellettuale contemporaneo.
Passiamo ai contenuti del libro. I protagonisti di questo romanzo sono tre famiglie: una mista (lui inglese, lei giamaicana), una bengalese e, infine, una molto inglese. È chiaro che la prima coppia è la meno probabile, ma forse anche la più equilibrata. I bengalesi sono i più burrascosi, mentre gli inglesi sono semplicemente troppo inglesi. Protagonisti di questo romanzo sono due grandi amici, l’inglese Archie e il bengalese Samad. Archie e Samad, si conoscono durante la Seconda Guerra Mondiale in un situazione tragicomica, e nonostante uno sia inglese l’altro bengalese combattono la stessa guerra con la stessa divisa. Rimarranno amici per sempre. E da loro si propagano le nuove generazioni che, invece, incontreranno problemi di natura diversa, ma ciononostante l’integrazione non avviene mai in maniera totalizzante. In una Londra dove l’estremismo è all’ordine del giorno, i due danno vita a una strana quanto improbabile coppia: Archie ha sempre seguito la corrente, Samad, invece, è un musulmano convinto, che mal sopporta la decadenza della società occidentale. Ad aggravare la già inquieta atmosfera arrivano i Chalfen, agiati intellettuali inglesi carichi di tutti i tic e le illusioni della Generazione dei Fiori. E l’incontro-scontro fra le diverse culture produrrà effetti tragicomici non meno che devastanti.
Attraversando le follie e le vanità dell’inizio di questo millennio, trasportandoci da un ristorante indiano a un parrucchiere giamaicano, Zadie Smith ci offre uno straordinario romanzo epico-comico sullo scontro delle culture e delle generazioni, sull’eterna lotta fra desiderio di libertà e bisogno di appartenenza.
“Ivo Folli entrò nello studio e vide che c’era il dottor Bello”
A cura di Antonello Saiz – libraio e blogger
Ha avuto parecchia risonanza questa singolare iniziativa di una rubrica di letteratura sul sito di uno studio odontoiatrico. Del resto, stimolare la lettura attraverso “Libri da masticare, vale a dire attraverso romanzi che, in qualche modo, hanno a che fare con i denti, ha lo scopo di sensibilizzare, attraverso i libri, l’importanza della salute e poi anche e soprattutto di promuovere la lettura, portando i libri fuori dai soliti e abituali contesti. La lingua batte dove il dente duole … e un libro, poi, arriva a consolare, a dare conforto. C’è uno scrittore italiano molto bravo, e che si ricorda poco, morto nel 2015 e che si chiama Manlio Cancogni. Autore di tantissimi romanzi di successo, tra i quali “La linea del Tomori”, “Allegri, gioventù”, “Quella strana felicità”, “Il genio e il niente”, “Azorin e Mirò”, nel 1957 per Einaudi aveva pubblicato “L’Odontotecnico” nella mitica collana I Coralli. Un libro che andrebbe riscoperto e ripubblicato assolutamente. A fare da sfondo alla vicenda narrata è la Grande Storia, quella con la esse maiuscola. La vicenda si svolge, infatti, tra il fatidico 25 luglio del ’43 e la Liberazione: una storia umana inserita nella tragedia collettiva della guerra, di cui riproduce ritmo e violenza. Ivo Folli, fascista riottoso, è un odontotecnico che di fatto svolge la professione di dentista. Privo di un idoneo titolo di studio, è costretto a stipendiare un medico vero, un prestanome cui lo studio è intestato, che ozia tutto il giorno senza fornire alcun aiuto materiale. Per liberarsi da questa onerosa schiavitù, il Folli decide di conseguire il diploma di scuola superiore, che gli consentirebbe di esercitare da solo senza bisogno di intermediari. Si oppone a questo suo progetto l’antifascista professor Querini, che persegue la bocciatura dell’odontotecnico come un atto di lotta politica.Impedire al Folli di conseguire il diploma diviene così l’ossessione del professore, convinto che si tratti di un atto necessario, partigiano: l’Italia che rinasce va depurata dagli individui come il Folli, usando il mitra o, se necessario, la carta bollata. Intorno ai due contendenti si muovono gli altri personaggi, come il preside Guardone, il capitano Zito e gli antifascisti di Canevara. Un tema ricorrente delle opere di Cancogni è la guerra e gli anni della guerra, e da buon giornalista, quale era, anche in questo romanzo il suo scopo principale sembra essere perseguire la ricerca della verità, senza fare sconti e tratteggiando, indifferentemente, difetti e meschinità di repubblichini e partigiani. Il giornalismo pungente e controcorrente con cui lavora, lo porta a immergersi con spirito critico anche nella scrittura di romanzi dove la provincia è protagonista con le sue pochezze e i suoi gesti rivoluzionari piegati alla logica dell’utile e del vantaggio personale. Con tono beffardo e grottesco guarda ai suoi personaggi catapultati con crudezza dentro storie di piccinerie mentre drammaticamente si consumano passaggi di Storia nazionale. La dimensione quotidiana della vita e il ritratto psicologico profondo dei personaggi ricorda qui il miglior Fenoglio.